CuriosArte: In memory of me – verso un nuovo catalogo di gesti, ma siamo davvero pronti?
Siamo nell’era digitale. Nessuno può negare che stiamo vivendo una grande rivoluzione che colpisce ogni giorno di più la natura stessa del comportamento umano. Il nostro attuale habitat si concentra su approcci visivi e virtuali, siamo sommersi dalle immagini e dal recente fenomeno del selfie. In un breve lasso di tempo, gli autoritratti sono diventati un vero e proprio fenomeno di massa e rivelano una trasformazione dello status stesso del soggetto.
In realtà, la pratica diffusa del selfie riflette un grande cambiamento antropologico in tutto il mondo. I selfie sono diventati un rituale essenziale, un mezzo di comunicazione universale e non verbale.
Questa forma di comunicazione, adottata da tutto il mondo come nessun’altra pratica o modalità di espressione precedente, ha una miriade di potenti ripercussioni sociali, economiche, politiche e umane.
L’artista visivo Stéphane Simon nell’ambito del lancio del suo progetto “In memory of me – verso un nuovo catalogo di gesti”, in collaborazione con La divisione “Les Créations” di Initial – filiale del Gruppo Prodways, ha dedicato la sua attenzione a questo importante fenomeno.
Il progetto è una complesso di opere statuarie, che unisce scultura classica e tecnologie digitali avanzatissime per immortalare i nuovi rituali universali associati alle nostre società digitali. I gesti legati ai selfie non hanno precedenti né equivalenti in tutta la storia dell’umanità, ma partono tuttavia dal nostro rapporto con il passato, i nostri bisogni di miti, giochi e teatralità, nonché il potere che le immagini occupano nella società. Anche il rapporto con il tempo e la memoria sono al centro del progetto.
Le qualità visive e artistiche delle sculture a figura intera in misure reali, scelte da Stéphane Simon come mezzo di espressione, sono in grado di trasmettere e generare bellezza, poesia, straniamento e connessione con spettatori che possono proiettarsi e riconoscersi nell’opera, qualunque siano le loro origini.
Stéphane Simon ha lavorato come artista visivo per oltre 20 anni, concentrandosi principalmente sulla rappresentazione della figura umana. L’idea per il suo progetto scultoreo nasce a Barcellona nel 2013. All’epoca le tecniche di stampa 3D disponibili non erano sufficientemente avanzate per ottenere un gesto perfettamente riprodotto.
Due anni dopo, le tecniche di stampa 3D sono state perfezionate e l’incontro tra l’artista e il gruppo industriale Prodways, ha permesso di riconsiderare la fattibilità del progetto. Grazie alle tecnologie disponibili nei laboratori di Initial, è stato possibile riprodurre in assoluta perfezione la complessità dei gesti in movimento.
Ma siamo davvero socialmente al passo con le innovazioni tecnologiche? O la nostra natura umana è ancora ancorata a retaggi culturali e arretratezze?
Le opere di Stéphane Simon, le bellissime figure nude in stile classico che si fanno selfie, sono state esposte a Parigi durante l’evento delle Giornate europee del patrimonio dell’UNESCO. I funzionari però hanno deciso di coprire i genitali delle opere d’arte con biancheria intima, con grande shock di Simon e scandalo dei critici d’arte.
L’artista in una intervista alla CNN ha detto che l’esperienza lo ha lasciato “umiliato”. “Mi vergognavo, ero così profondamente triste nel vedere tutti questi anni di lavoro e ricerca interrotti”… “Per due giorni i visitatori sono venuti a incontrarmi, a chiedermi: ‘Ma perché l’hai fatto?’ Ma non è stata una mia scelta». Ha poi aggiunto: “Avrei dovuto passare due giorni a spiegare l’affascinante legame tra la pratica del selfie e la storia dell’antica Grecia”.
L’UNESCO non ha risposto alla richiesta di commento della CNN, ma il quotidiano britannico Times ha citato un portavoce che ha affermato senza troppa convinzione: “Non volevamo censurare l’artista e capiamo che si sia sentito ferito”.
I cellulari sono diventati una vera e propria estensione di noi stessi e la generalizzazione transculturale dei selfie (più di un milione di nuovi selfie pubblicati ogni giorno sui social network) solleva molte questioni sul potere delle immagini nelle nostre società contemporanee. Una tale messa in scena, a distanza, genera l’emergere di un catalogo di nuovi gesti su scala globale, incorporando espressioni, significati e usi a un livello senza precedenti nella storia dell’umanità… strumenti di potere, conoscenza, divertimento, cura o seduzione, gli smartphone hanno sostituito, sia nella funzione che nel simbolismo, il fulmine di Zeus, la lira di Apollo o il caduceo di Hermes, sia nell’uso ma anche nella dimensione simbolica del manufatto.
Il progetto dell’artista è uno sguardo per approfondire un tema particolare, in collaborazione con sociologi, antropologi, storici dell’arte, semiologi, dottori in estetica e storia della fotografia, illustri ellenisti, che hanno apportato il loro supporto scientifico. Questo grande lavoro sinergico mira a dimostrare il legame diretto tra la pratica contemporanea dell’autoritratto da un telefono cellulare e la statuaria greca antica.
La pratica universale del selfie ha dato vita a una nuova estetica su scala planetaria che esalta la postura, il corpo, l’espressività eroica e la volontà di fissare un’azione immediata, riconnettendosi con la tradizione della rappresentazione degli Dei dell’Olimpo e personalità onorarie, come praticato ad Atene e nelle altre grandi città greche.
2500 anni dopo i messaggi veicolati e ricercati sono identici: ricerca dell’esemplarità, della bellezza, del bisogno di identificazione, dell’ammirazione, dell’eroizzazione, dell’offerta e del culto. I “Mi piace” e i commenti sui social network hanno sostituito con le stesse intenzioni le offerte fatte dai cittadini ai piedi delle sculture per beneficiare in cambio dei loro benefici.
Assolutamente criticabile quindi la decisione della mostra di essere puritana, perchè a ben vedere è proprio così che è iniziata la caduta dell’Impero Romano.