CuriosArte: Biancaneve e il sogno di Hitler
“La bellezza salverà il mondo” questo è ciò che scriveva Dostoevskij nel libro “L’idiota”. Perché senza l’arte e la bellezza avrebbe disperato degli uomini e di se stesso. Nelle sue opere descrive persone malvage, distruttive, un’umanità immersa negli abissi della disperazione. Ma il suo sguardo, che mette in rima amore con dolore condiviso, riesce a vedere la bellezza nell’anima dei più perversi personaggi.
“Io sono un artista e non un politico. Una volta che la questione polacca sarà risolta, voglio finire la mia vita come un artista”.
Agosto 1939, è la frase che Adolf Hitler disse all’ambasciatore britannico Nevile Henderson, recatosi in Germania.
La storia familiare di Hitler e quella degli inizi politici con il DAP, mostrano alcuni aspetti dell’uomo dietro il dittatore, con debolezze, pregi e difetti. Un uomo come tanti, che circostanze favorevoli e un’indole violenta, misero tragicamente alla guida di una nazione ferita con un’eccitata voglia di vendetta.
Fra il 1908 e il 1913 Hitler visse a Vienna come un pittore di strada. Dormiva negli ostelli pubblici, mangiava poco e si dedicava con passione alla lettura. Per evitare la leva obbligatoria nel 1913 si trasferì a Monaco (ironia del caso, come il suo “collega” italiano Benito Mussolini 10 anni prima), ma fu inutile: la polizia tedesca lo estradò in Austria. Qui venne giudicato inadatto a qualsiasi compito in guerra, così emaciato da essere paragonato a un ammalato di tubercolosi. Fino al 1910 percepiva una pensione da orfano (la madre era morta nel 1907), in seguito si guadagnava da vivere disegnando quadri e cartoline da vendere a turisti e appassionati.
Qualche anno prima, nel 1907 e nel 1908, aveva tentato di entrare all’Accademia d’Arte di Vienna. Ma venne rifiutato perché non in grado di dipingere con efficacia la figura umana, gli fu consigliato di iscriversi alla facoltà di Architettura. Il futuro dittatore non poté però accedervi perché non aveva completato gli studi superiori.
Adolf aveva abbandonato la scuola tecnica che frequentava precedentemente, poiché si era dimostrato un allievo problematico, dal rendimento scarso, con problemi di integrazione a causa di un carattere turbolento. Ma era di gran lunga il miglior disegnatore della classe. Si reca quindi nella capitale austriaca per “sostenervi gli esami di ammissione in quell’accademia… convinto di poter sostenere facilmente – come racconta egli stesso – tale esame, quasi giuocando”.
Ma le cose non vanno come previsto: “Ero talmente convinto del successo – racconterà Hitler – che la bocciatura mi colpì come un fulmine e ciel sereno.”
I quadri di quel periodo, infatti, dimostrano una notevole capacità tecnica. Il suo modello era Rudolf von Alt, pittore e incisore austriaco ottocentesco, che Hitler giudicava il suo “più grande maestro”.
La mancata ammissione all’Accademia lo scoraggò dall’intraprendere la strada dell’arte, ma continuò anche in seguito a cimentarsi con oli, tempere, acquerelli, disegni…e persino con i personaggi di un cartone animato per bambini!
Aveva una grande passione per i sette nani, che tanto gli ricordavano gli gnomi delle fiabe della sua infanzia. Li disegnava nei momenti liberi, riprendendo quelle matite che aveva tanto amato, al punto da sognare, in gioventù, di diventare pittore.
Nonostante i film disneyani fossero stati proibiti in Germania, poichè prodotti eccellenti di una cultura nemica, che davano l’impressione della superiorità della tecnologia americana in ogni campo, rispetto a quella tedesca, Hitler li adorava. Se li faceva proiettare segretamente ogni sera, tra tutti il prediletto era Biancaneve.
Proprio Biancaneve pare fosse disseminato di messaggi occulti antinazisti. Si racconta che Walt Disney per Grimilde si fosse ispirato alla statua di una eroina tedesca trasformandola appunto in una cattivissima strega. La statua è quella di Uta di Ballenstedt, nobile vissuta in epoca medievale, la cui effigie è visibile sulla facciata del duomo di Naumburg. Nel binomio Uta-Grimhilde può essere visto il tentativo di inquinare la propaganda nazista, che aveva promosso la nobildonna a simbolo eroico, emblema della bellezza femminile germanica.
Quando scende la sera e le incombenze più urgenti sono già state sbrigate. Seduto comodamente in una sala della Cancelleria, Adolf Hitler si appresta a rivedere per l’ennesima volta… Biancaneve e i sette nani!
Certo, risulta difficile mettere in relazione tra loro due immagini così contrastanti del dittatore: da una parte un uomo crudele e delirante, dall’altra l’amore per le innocenti icone di un mondo fanciullesco.
Eppure le due immagini entrano misteriosamente in contatto, disorientandoci. Un folle sanguinario mostra un’inattesa, fragile dimensione infantile, e questo non può che disturbare. Ma anche in ciò si esplica la potenza dell’arte, capace di promuovere un viaggio introspettivo persino in un cinico assassino.
E non si può fare a meno, guardando queste opere, disegnate da una persona dotata di talento e con evidenti capacità artistiche, di pensare a quanto forse sarebbe stata diversa la storia di quegli anni se gli esaminatori viennesi non fossero stati così severi nel proprio giudizio e lo avessero ammesso all’Accademia…
Forse davvero la Bellezza, come fantasticava Dostoevskij, avrebbe potuto salvare il mondo.