CuriosArte: 99 sfere blu e 99 stelle
Il colore blu ha un fascino suggestivo, in antichità era considerato merce preziosa e rara. Il blu ci riporta alla memoria due elementi della natura legati alla vastità del creato: il cielo e l’oceano, ha per tale motivo, un immediato effetto rilassante. Alcuni scienziati ritengono tuttavia che gli uomini primitivi fossero daltonici, senza la capacità di riconoscere tale colore. Il concetto di blu per molto tempo non è esistito, non vi erano neanche termini per descriverlo. Ne è un esempio in letteratura l’Odissea di Omero che infatti descrive l’oceano come un “mare rosso vino”.
L’artista Lita Albuquerque, sceglie proprio il colore blu per alcune sue suggestive opere. La scelta del blu rappresenta la connessione tra la terra e il cielo.
Nel 2006, guida una spedizione negli angoli più remoti dell’Antartide vicino al Polo Sud per creare la prima puntata del suo lavoro globale Asse stellare. La spedizione sovvenzionata dalla National Science Foundation, ha creato la prima e più grande opera d’arte effimera creata nel continente.
L’installazione consisteva in novantanove sfere blu posizionate in corrispondenza di 99 stelle visibili nel cielo antartico soprastante, creando una costellazione terrestre, specchio di quella celeste. Mentre il pianeta ruotava e seguiva la sua orbita, lo spostamento tra le posizioni originali delle stelle e le sfere disegnava una spirale invisibile del movimento rotatorio della Terra.
Il viaggio sul ghiaccio della Stellar Axis Expedition includeva un team di esperti, ricercatori e artisti con Albuquerque al timone. Il loro unico scopo era quello di materializzare un evento effimero.
Il numero 99 connota i 99 nomi di Dio nella cosmologia islamica.
Ancora blu è Elyseria, l’astronauta immaginaria del venticinquesimo secolo che ha viaggiato indietro nel tempo per diffondere la consapevolezza sul rapporto dell’umanità con il cosmo e le stelle. È arrivata su questo pianeta nell’anno 6000 a.C., ha misteriosamente perso il senso del suo viaggio e da allora ha cercato di riafferrarlo. Oggi siede ad AlUla, le cui mura risalgono all’alba della storia, meditando sulle tracce di quelle che una volta erano pozze di pigmento, blu oltremare come il suo stesso corpo, allineate alle stelle che hanno adornato il deserto il 31 gennaio 2020, per l’inaugurazione della prima mostra site-specific dell’Arabia Saudita: Desert X AlUla.
Tutto il lavoro di Albuquerque è incentrato sulla scala della nostra piccolezza in un cosmo infinito. “Ero interessata a quell’impossibilità di visione”, spiega, “che ci rende in grado di percepire solo ciò che ci circonda, ma consapevoli che […] ciò che stiamo percependo è solo una parte di una visione molto più ampia”.
Albuquerque mette in discussione il nostro posto nell’enormità dello spazio infinito e del tempo eterno. Nonostante una crescente marea di nuovi dati e teorie interpretative, i concetti più elementari di una cosmologia scientifica emergente non sono incorporati nella cultura popolare. Lita Albuquerque non si è tirata indietro davanti a una simile sfida. È una dei rari artisti e umanisti capaci di collocare con ponderatezza e fantasia i concetti elementari di una cosmologia vivente e funzionale alla cultura del 21° secolo nella coscienza pubblica.
Perchè abbiamo bisogno di blu e abbiamo bisogno di storie positive.
Può sembrare una frase fatta o in linea con filosofie “new age” tanto di moda, ma non è così. Al contrario attualmente ci sono tantissime ricerche scientifiche che ci dicono quanto sia importante avere delle “buone storie” su cui costruire la propria realtà.