Chronos & Kronos, ovvero Paolo&Francesco – Un passo indietro
Un passo indietro
F: – Cos’è che hai lì in bagno?
P: – Parli del mio impianto? Hai visto? Cioè: hai sentito? Bisogna riappropriarsi della lentezza, fRa! Ormai, manco al cesso puoi starci più di tanto, c’è sempre qualcuno che bussa e ti mette fretta. Allora, un po’ modello Tokio, ho fatto installare in bagno un sistema sonoro che, quando ti ci chiudi dentro a chiave, fa partire Lontano lontano di Luigi Tenco.
Prova anche tu. Se vuoi ti do l’indirizzo del mio installatore. Ma no, tanto tu ci metteresti qualche musica del cavolo, tipo Baby Gang. Io diventerei stitico.
F: – Io metterei gli Air. Comunque grazie per il bagno ma devo andare.
P: – Sei appena arrivato.
F: – Il vicino ha segato la punta del nostro abete; mio babbo stava innaffiando, ha sentito un rumore di sega elettrica… meno male si è spostato in tempo.
P: – E dopo?
F: – Dopo cosa?
P: – Dài, che hai capito.
F: – D’accordo, dopo ho preso la punta dell’abete e gliel’ho lanciata in terrazza tipo giavellotto, a quel cretino, cosa dovevo fare?
P: – Ti pareva!
F: – Paolo non cominciare a fare il moralista, per piacere. Mettiti nei miei––
P: – Va bene, va bene. Del resto hai ragione: pure a me sono venuti a noia tutti ‘sti ciarlatani sapientoni che filosofeggiano, disquisiscono, socioanalizzano, socioanatomizzano e sentenziano inappellabilmente sulla Striscia di Gaza.
F: – Adesso non esageriamo. Non è la stessa cosa.
P: – Come no? Proprio la stessa, invece. Se due etnofanatici irriducibili continuano a darsele di santa (si fa per dire, eh!) ragione con l’intenzione di annientarsi a vicenda, non c’è mica niente da fare,sai?
Puoi stare lì a ciarlare, proporre e controproporre, e intanto quei due non smettono di darsele di santa (vedi sopra!) ragione.
F: – Ma non puoi paragonare quella situazione lì ai litigi col mio vicino.
P: – Perché no? Nessuno dei due fa un passo indietro ed ecco servito l’incidente per cui mi devi lasciare solo, vecchio, abbandonato, derelitto.
F: – Adesso stai esagerando, però.
P: – Sì, adesso sì. (sospira) Quando ero un baby boomer cattocomunista non violento, c’era un mio idolo della non violenza (non chiedermi come si chiamava, perché non me lo ricordo) che a proposito della guerra del Viet-Nam diceva: è inutile che il Papa invochi qui e implori là, se ha le palle prenda il suo scranno papale, lo metta a cavallo del 17° parallelo, sul confine, e ci stia seduto incollato sperando che quelli la smettano.
Sarebbe un’idea buona anche oggi, no?! Francesco, mi hai sentito??? No, non sto gridando a te, sto gridando al Papa.
F: – Sì ma non gridare ché poi chiamano i carabinieri. Siam mica in Piazza San Pietro. Posso mai lasciar correre un fatto del genere, Paolo? Ma come si fa a segare la punta di un abete solo perché “ti impedisce la visuale”? Ne subiamo già abbastanza di ingiustizie, tutti i giorni, per cose più gravi. L’ingiustizia gravita sui nostri spiriti inermi come un avvoltoio.
P: – Adesso sei tu che esageri. In giro per il mondo ci sono guerre e genocidi feroci ma che nessuno caga perché sono di serie B, nel senso che se non interferiscono con la spartizione e il controllo delle risorse mondiali: “vadano pure a farsi fottere” dicono “tanto a noi che ci frega?”. Quale posto della classifica occupa, il tuo incidente diplomatico col vicino?
F: – Quindi cosa devo fare? Restare qua e lasciar perdere?
P: – Esatto. Devi fare un passo indietro, fRa. Un passo indietro.
F: – Già immagino mio babbo.
P: – Hai centrato il punto. Reagiamo con violenza alla stupida violenza perché “questo è quello che gli altri si aspettano da noi”. Quando poi mettiamo di mezzo padri, madri e alti casi edipici allora sì che le cose si complicano. Hai lanciato la punta dell’abete sul suo terrazzo? Direi che siete pari, no?
F: – E se mentre sto qua a parlare con te fosse successo qualcos’altro?
P: – Non fare niente comunque. Lui ha sbagliato, tu hai reagito male. Basta. Avete la fortuna di essere dei semplici vicini di casa. Non complicate le cose. Fai un passo indietro, fRa.
Dal piano di sopra si sente un rumoroso scalpiccio, musica a tutto volume e il rumore di biglie che rotolano su un pavimento di marmo.
P: – Senti? Ora capisci il perché dell’impianto nella toilette.
F: – Sì ma…(siede, sospira) Ci sarà pure una via di mezzo! Un modo per non sentirsi vilipesi e non fare male a nessuno.
P: – Certo. Il rispetto. Però quello nasce dal dialogo. E il dialogo è una cosa difficile. Perché quando uno parla, l’altro deve tacere. Invece, in questo gran bailamme che è la nostra società odierna siamo bombardati da monologhi, monologhi, monologhi. Di tutti i tipi: comici, drammatici, farseschi, tragici; ma dialoghi, niente.
Corri dal tuo vicino. Prova a parlarci. Prova a chiedergli perché ha fatto quello che ha fatto. Male che vada non ti aprirà. A volte basta poco.
Paolo si alza, prende una scopa, batte leggermente il manico contro il soffitto tre volte. Il rumore precedente si smorza.
P: – A volte basta pochissimo per intendersi. Adesso vai.
Paolo va verso il bagno, apre la porta, la chiude dietro di sé. Dopo pochi istanti sentiamo le note di “Lontano lontano” di Luigi Tenco.