Chronos & Kronos, ovvero Paolo&Francesco – Dio è morto, ma anche Babbo Natale non sta tanto bene
Dio è morto, ma anche Babbo Natale non sta tanto bene
F: – Togli ‘sto cappello, fai il favore.
P: – Non mi fare innervosire anche tu.
F: – No no, stai buono, che hai un’età.
P: – Questa cosa che Babbo Natale non esiste deve finire, è chiaro? Oggi Babbo Natale, domani Dio, è il motto di questi farabutti.
F: – Questi chi? Siete stati voi a volere la rivoluzione culturale, la presa di coscienza, voi ’68ini. Dio è morto, etc. è roba vostra.
P: – Voi giovincelli vi siete adattati subito, però.
F: – Giovane a chi, oh? Non cominciamo con le offese.
P: – E’ il tuo ruolo, il tuo personaggio.
F: – No, Paolo, dammi tregua, almeno qua.
P: – Invece il punto nodale è proprio questo, caro fRa. Dove sono andati a finire i ruoli? I grandi personaggi, gli archetipi? Stanno scomparendo tutti, facci caso.
F: – E’ il segno dei tempi. Il tutto stava assumendo tratti carnevaleschi. I personaggi, i ruoli. Roba dell’800.
P: – E il mito, allora? Dove lo metti il mito?
F: – Tra Sofia Loren e le tombe etrusche, amico mio. Certe cose sono finite, e non è una tragedia così grave, credo.
P: – Meglio diventare fredde macchine calcolatrici, certo.
F: – Non prenderla così. Quella tra il mito e la realtà è una battaglia apertasi e conclusasi nello spazio di un secondo. Ci siamo sempre serviti del mito, della favola, degli archetipi; li abbiamo presi in prestito per farci gli affari nostri e nessuno se ne è mai lamentato.
P: – Ecco il punto. Per questo parlo. Perché dover dissacrare sempre tutto? Si rischia di diventare cinici, freddi – come dicevo – morti.
F: – Sì, capisco. Però, se davvero teniamo a quello che c’era, caro Paolo, e se davvero consideriamo l’arte un rito, un patrimonio, allora dobbiamo poter diventare vestali, o semplici guardiani del fuoco.
P: – Preferisco il secondo ruolo. Sai, la verginità.
F: – Hai ragione, in effetti anch’io…
P: – Non mi dire.
F: – Incredibile, vero? Dicevo: farsi guardiani, ma guardiani atipici. Che non gridano “chi è là?” e poi sparano (o viceversa); ma che anzi invitano, coinvolgono, chiamano. Pound esortava a prendere dal vento una tradizione viva; Mahler a tenere accesa la fiamma della tradizione per non dover guardarne le ceneri. Cosa accomuna le due frasi? Vediamo se nonostante la senilità galoppante…
P: – Ehi, ragazzo! E’ l’azione, giusto?
F: – Non potevi dirla meglio. È cercare l’azione migliore per vivificare ogni anno, ogni Natale, ogni Pasqua, ogni ricorrenza, che tiene viva, interessante, coinvolgente, attraente, qualunque ricorrenza. Oggi siamo quasi sotto Natale; ma vale per tante altre “feste” civili e religiose.
P: – Esatto! Quanto sarebbe importante essere consapevoli che Babbo Natale vive al Polo Nord? Si affronterebbe con maggiore determinatezza la questione del disgelo della calotta polare artica. E, per le letterine di rito, anche quella del funzionamento del Servizio Postale di Stato.
F: – Non esageriamo, adesso. Qualunque mezzo è lecito per far capire che, se una cosa dura da millenni un motivo c’è e non le si può cambiare nome. E non perché sia sacrilego; ma perché è semplicemente inutile. Si creda pure a Babbo Natale o alla Befana, oppure non ci si creda; l’importante è non obbligare mai nessuno a fare l’una o l’altra cosa. Azione drastica segue a proposta drastica. Rischiamo di far seguire una dittatura a un’altra.
P: – Comunque tu fa’ come vuoi: io, la sera del 24 metterò, davanti al caminetto, la consueta tazza di pane e latte per le renne e la solita bottiglia di rum del Guatemala per Babbo Natale. Vai a sapere se poi si incazza e non mi porta più il solito cardigan vinaccia taglia M.
F: – Un cardigan M, tu?
P: – Sì, perché?
F: – Hai freddo ai gomiti?