Brunori Sas, esce "Cip!", il primo album del 2020. “La Gestalt calabra e l’album perfetto”. Da marzo in tour nei principali palazzetti italiani Brunori Sas, esce "Cip!", il primo album del 2020. “La Gestalt calabra e l’album perfetto”. Da marzo in tour nei principali palazzetti italiani

Brunori Sas, esce “Cip!”, il primo album del 2020. “La Gestalt calabra e l’album perfetto”. Da marzo in tour nei principali palazzetti italiani

Brunori Sas, esce "Cip!", il primo album del 2020. “La Gestalt calabra e l’album perfetto”. Da marzo in tour nei principali palazzetti italiani Brunori Sas, esce "Cip!", il primo album del 2020.  “La Gestalt calabra e l’album perfetto”. Da marzo in tour nei principali palazzetti italiani Cip! è il nuovo album di Brunori Sas che apre il 2020. Un disco dalla poetica potente che si impone con un linguaggio nuovo, profondo, che colpisce ed emoziona dal primo ascolto. Il centro è uno: nelle undici tracce di Cip! Dario ha voluto scrivere “dell’Uomo, e non degli uomini”. Un lavoro che non vuole eliminare le opposizioni intrinseche nella natura umana, nella vita stessa, ma che piuttosto vuole sfumare i confini tra il bello e il brutto, come uno specchio riflesso in cui si ha bisogno del negativo per abbracciare meglio il positivo.

A tre anni di distanza dal successo di A casa tutto bene, un progetto discografico e live di due anni unanimemente apprezzato, Cip! (Island Record) è una scoperta, è la parola che, brano dopo brano, si trasforma in emozione ed è prodotto dallo stesso Dario con Taketo Gohara, registrato tra la Calabria e la Milano.

Il mio precedente lavoro, A casa tutto bene, è stato un album importante per tanti motivi, umani e professionali, come si dice nei colloqui di lavoro” – racconta Brunori Sas – “Con questo nuovo progetto volevo riconsiderare, in una sorta di Gestalt forma calabra, il rapporto fra ciò che ho sempre considerato centrale – la vita degli uomini – e ciò che ho da sempre considerato periferico – l’universo che ci ospita.”

Cip! è un disco sorprendente a cominciare dalla copertina, scelta da Dario e realizzata da uno degli artisti italiani che ama di più, Robert Figlia. Non il solito bel ritratto, non un’immagine a effetto, ma il dipinto di un pettirosso: “Un uccelletto realistico, quasi da vecchia enciclopedia, privo di connotazioni sentimentali stucchevoli, intimamente combattivo e fiero. Una creatura semplice che ama intonare i suoi canti solitari sulla neve, rendendo forse un po’ meno gelidi questi nostri lunghi inverni”.

L’obiettivo era lasciare uno spazio immaginifico, dove ogni ascoltatore potesse sviluppare la sua idea di “cip”, dandogli la sua personale connotazione, che Dario ha identificato con la parte di sé “fanciulla”. Una parte leggera, vitale, combattiva pur nella sua sobrietà, fiera anche nel parlare di argomenti che includono una fine ma senza farlo in modo pessimistico o, al contrario, edulcorato.

Cip! è un soffio di primavera nel centro di un inverno rigido che sembra sospendere la propria lotta per lasciare spazio alle note di un album ricco, che sorprende, che lascia il segno. Brunori manifesta a sé stesso e ai suoi fan un sentire, più che un pensare, un’attitudine poetica che si riflette anche nel titolo onomatopeico e che connota tutto il disco. Il disco racconta del “nostro essere a tempo determinato, della morte come spavento ma anche come consolazione e addirittura come stimolo alla vitalità”, valorizzando anche l’armonia negli attriti e la necessità per la vita stessa di una costante lotta fra gli opposti. E con la serena constatazione che “il mondo girerà anche senza di noi” e che “alla fine va bene”, traducendo cosi musicalmente argomenti sensibili con “accettazione” e non con l’amarezza di un tempo. Sono sostanzialmente “…canzoni per il mio fanciullino” – chiosa Dario – “Forse, oso dirmi, per i figli che non ho. Qualcosa che mi desse un respiro dal mondo adulto, dalle sue complicazioni, i suoi nervosismi, le sue ansie, le sue preoccupazioni, spesso e volentieri inutili”.

Nel disco, Brunori Sas ha dato vita a undici nuove canzoni ricche di sentimento: “Canzoni d’amore dunque, nelle sue diverse declinazioni, da quello di coppia, a quello familiare, sino all’amore ideale, forse utopistico, indubbiamente figlio di un cristianesimo bambino a là Marcellino pane e vino, che per quanto possa averne preso le distanze, ha formato la mia visione del mondo. Quelle di buona volontà, di tenerezza ma anche di difficoltà, di pazienza, di denti stretti per tenere in piedi le cose. Della fatica, in fin dei conti di essere buoni, senza sentirsi al contempo coglioni”.

Dopo il successo di Al di là dell’amore, canto etico e poetico che ha anticipato questo nuovo progetto, conquistando le prime posizioni dei brani più suonati dalle radio, il nuovo singolo estratto da “Cip!” è Per due che come noi, “la ballad perfetta”, definita subito un instant classic da pubblico e critica, che lo ha accolto con immediato e unanime consenso. 

Ma non confondere l’amore e l’innamoramento che oramai non è più tempo e senza perdere il senso dell’orientamento quando fuori tira vento. Per due che come noi non si sono persi mai e se ti guardi indietro non ci crederai mai perché ci vuole passione”. 

La canzone è stata accompagnata da un videoclip per la regia di Duccio Chiarini (regista anche de L’ospite, presentato al Festival di Locarno, con un cameo di Brunori). Il video, scritto insieme a Dario Brunori, racconta una storia d’amore duratura, i cui momenti più importanti vengono ripercorsi attraverso un film del passato che viene proiettato al centro del salotto della casa della coppia: i due protagonisti si rivedono a distanza di tempo, si interrogano sul presente e guardano al futuro. In modo trasparente, anche quando non è facile. E’ tra le mura di casa, nei momenti più intimi della coppia, scanditi dal trascorrere della vita insieme, che la forza espressiva del legame viene musicalmente sottolineata dal suggestivo accompagnamento dell’orchestra di archi che si lega al pianoforte e alle percussioni profonde.

La chiave d’accesso alle emozioni contenute nell’album è l’inconfondibile narrazione lucida velata di ironia presente nel primo brano, Il mondo si divide, con cui Brunori racconta il naturale sentirsi divisi tra istinto e morale, senza mai trovare una netta linea di confine.

Con una potenza disarmante, da pugni chiusi e lacrime agli occhi, Capita così ci mette davanti ai bilanci, quelli dei risultati raggiunti e quelli per cui ci sente minuscoli: gli anni che passano e l’imprevedibilità della vita, l’attimo che inganna, i cambiamenti e il crederci, nonostante tutto. Un grido di sfogo e di gioia in una cavalcata ritmica ed emozionale.

Mio fratello Alessandro, dal mood beatlesiano, apre una tenera e umana riflessione sulla proprietà transitiva del prendersi cura gli uni degli altri. Si apre invece con un riff corale Anche senza di noi, forse il brano più spirituale di tutto l’album, che si interroga sul senso profondo del nostro passaggio, della traccia che saremo capaci di lasciare, di quello che succederà e verrà riscritto nel prossimo futuro da chi arriverà dopo di noi.

Una chitarra acustica dai toni folk, tra la west coast e il Beck più intimista, accompagna Dario Brunori in una semplice e distesa ballad nel suo stile ormai peculiare fatto di sentimento lieve e dolce ironia: La canzone che hai scritto tu.

Bello appare il mondo è un minuzioso invito ad accogliere la bellezza del mondo intorno facendo spazio ai sentimenti più puri, spesso appannaggio dell’età fanciullesca.

L’ottava traccia, Benedetto sei tu, è una speranzosa preghiera laica sulla ricerca della consapevolezza del nostro saper essere umani nel mondo di oggi.

Un viaggio dai suoni esotici tra i Vampire Weekend e Sufjan Stevens è lo scatto di Fuori dal mondo, un vero e proprio inno dei sognatori. Achille, un bambino che non diventerà mai uomo, è il protagonista di Quelli che arriveranno, il brano struggente che chiude l’album.

Cip! è un capolavoro”. Brunori Sas lo direbbe ironicamente, schernendosi nel gioco costante di non prendersi mai troppo sul serio. Ma questa volta, per chi lo ascolta e lo segue da sempre, non sarà uno scherzo.

IL TOUR

Brunori Sas Tour 2020 sarà presto anche uno spettacolo live prodotto per la prima volta insieme a Vivo Concerti. Il tour lo porterà nei principali palazzetti italiani: il debutto è fissato a Jesolo per il 3 marzo prossimo. Il tour toccherà Torino il 7 e ancora il Forum di Assago il 13 marzo. Proseguirà poi sui palchi di Bologna, Firenze, Ancona, Roma, Napoli, Bari e Reggio Calabria.

ll tour nei palazzetti sarà una prima volta per Dario e l’occasione, per il pubblico che lo ama, per ascoltare con un arrangiamento del tutto rivisto per questa nuova dimensione live, brani come La verità, Canzone contro la paura, L’uomo nero e Lamezia Milano. Un viaggio tra passato e presente della sua storia musicale attraverso canzoni che, senza essere mai passate in radio e senza nessun supporto mediatico, hanno conquistato centinaia di persone.

Brunori Sas incontrerà dunque nuovamente il pubblico con la sua poesia, la leggerezza, l’autorevolezza musicale e il senso dell’ironia che da sempre lo contraddistinguono.

In tour con Dario la storica band composta da Simona Marrazzo, Dario Della Rossa, Massimo Palermo, Mirko Onofrio, Stefano Amato e Lucia Sagretti, con l’aggiunta di Alessandro “Asso” Stefana e della sezione brass diretta da Mauro “Otto” Ottolini.

Lo show dopo la data zero di Vigevano farà tappa a Jesolo (3 marzo), Torino (7 marzo), Assago (13 marzo), Casalecchio di Reno – Bologna (15 marzo), Firenze (21 marzo), Ancona (24 marzo), Roma (27 marzo), Napoli (28 marzo), Bari (3 aprile), Reggio Calabria (5 aprile).

I biglietti sono disponibili in prevendita su www.ticketone.it e in tutti i punti vendita autorizzati.

Mmnb RTL 102.5 è la radio ufficiale di Brunori Sas Tour 2020.

Il mio precedente lavoro, “A casa tutto bene”, è stato un album importante per tanti motivi, umani e professionali, come si dice nei colloqui di lavoro. Non vi nego che il pensiero di doverne replicare i fasti mi ronzava in testa, seppur senza particolari ansie, sin da quando ho iniziato a pensare ad un nuovo disco. Per questo motivo, prima di mettermi a scrivere nuove canzoni (onde non cadere nel tranello di ripetermi), da buon commercialista maniaco dei fogli excel quale io sono, ho stabilito alcune premesse di fondo, che vado ad elencarvi:

  • Avrei cercato di scrivere in modo più poetico e meno prosaico, prediligendo argomenti di ordine etico e filosofico. Si tratta di territori ambigui e spinosi, ne sono cosciente, in cui è facile cadere nel pedante, nel moralismo spiccio o peggio nella banalità. Per questo motivo ho cercato di non lanciarmi in voli inadatti alla mia apertura alare, troppo complessi, intellettuali o semplicemente, per la mia indole, noiosi. Per questo li ho affrontati, al limite, solo col guizzo del poeta, non di certo con la preparazione e la cura dell’accademico, dello studioso o dell’erudito.

  • Non avrei parlato in modo diretto di stretta attualità o di argomenti sociali, se non collocando le vicende umane all’interno di un contesto più ampio, quasi a volerne ridimensionare l’importanza rispetto all’insieme in cui sono calate. Volevo riconsiderare, in una sorta di Gestalt forma calabra, il rapporto fra ciò che ho sempre considerato centrale (la vita degli uomini) e ciò che ho da sempre considerato periferico (l’universo che ci ospita).

  • Avrei cercato di descrivere un sentire più che un pensare. Con particolare attenzione al canto, al suono della voce, al come più che al cosa.

  • Avrei cercato di parlare del nostro essere a tempo determinato, della morte come spavento, ma anche come consolazione e addirittura come stimolo alla vitalità.

  • Avrei sottolineato l’importanza di osservare l’armonia negli attriti, la necessità, per la vita stessa di una costante lotta fra gli opposti. (Un po’ new age da autogrill, ne convengo, ma sono andato dritto comunque, con una rustichella in mano.)

  • Avrei cercato di esprimere la mia naturale e costante tensione verso la spiritualità, cercando di cantare una sorta di religiosità laica. L’etica di chi non crede in Dio, ma si comporta come se ci fosse.

  • Avrei vestito le nuove canzoni in modo adatto ai contesti in cui sarei andato ad eseguirle, optando per una forma canzone che prediligesse la cantabilità, il ritmo, gli arrangiamenti sostenuti e ricchi di vitalità (nei limiti della vitalità massima che può esprimere un calabrese ozioso come me, ovviamente). Canzoni corali. Pop.

  • Sarei passato dal parlare di paura al parlare d’amore, tenendo fede alla celebre massima di John Lennon (che ho citato così tante volte che ormai dico che è mia):
    Ci sono due forze motivanti fondamentali: la paura e l’amore. Quando abbiamo paura, ci tiriamo indietro dalla vita. Quando siamo innamorati, ci apriamo a tutto ciò che ci offre la vita con passione, eccitazione e accettazione”. Canzoni d’amore dunque, nelle sue diverse declinazioni, da quello di coppia, a quello familiare, sino all’amore ideale, forse utopistico, indubbiamente figlio di un cristianesimo bambino a la “Marcellino pane e vino”, che per quanto possa averne preso le distanze, ha formato la mia visione del mondo. Canzoni di buona volontà, di tenerezza, ma anche di difficoltà, di pazienza, di denti stretti per tenere in piedi le cose. Della fatica, in fin dei conti, di essere “buoni” senza sentirsi al contempo dei coglioni.

  • Avrei scritto infine, canzoni per il mio “fanciullino”. Forse, oso dirmi, per i figli che non ho. Qualcosa che mi desse un respiro dal mondo adulto, dalle sue complicazioni, i suoi nervosismi, le sue ansie, le sue preoccupazioni, spesso e volentieri inutili. Per questo ho voluto che in copertina ci fosse un pettirosso, realizzato da uno degli artisti italiani che amo di più, Robert Figlia. Un uccelletto realistico, quasi da vecchia enciclopedia, privo di connotazioni sentimentali stucchevoli, intimamente combattivo e fiero. Una creatura semplice che ama intonare i suoi canti solitari sulla neve, rendendo forse un po’ meno gelidi questi nostri lunghi inverni.

Queste erano le premesse. Ora avete il disco in mano, si fa per dire. Sta a voi giudicare se ho tenuto fede al mio decalogo o mi sono perso per strada.

Cip!

TRACKLIST

1. Il mondo si divide

2. Capita così

3. Mio fratello Alessandro

4. Anche senza di noi

5. La canzone che hai scritto tu

6. Al di là dell’amore

7. Bello appare il mondo

8. Benedetto sei tu

9. Per due che come noi

10. Fuori dal mondo

11. Quelli che arriveranno

1.     Il mondo si divide

È il brano che apre l’album: con il suo stile inconfondibilmente ironico e ragionato allo stesso tempo, Brunori ci invita a riflettere su quanto si stia scomodi in bilico tra la decisione “giusta” e quella più conveniente, e ci fa notare che c’è “un universo solo che unisce il cielo e il mare”. Il segreto è aggrapparsi al piccolo – ma salvifico – spazio per respirare che c’è anche quando si ha l’acqua alla gola. Il mondo si divide è leggera, immediata ma piena di contrasti, con le parole dure del testo che si alternano ai suoni morbidi, quasi infantili di flauti, tromba, glockenspiel, windchimes e toy piano, e un finale che si svuota lasciando spazio ai cori e al violoncello.

2.     Capita così

Capita che nella vita ci si guardi indietro e si faccia un bilancio dei risultati raggiunti. E capita di accorgersi che si ha sempre marciato sul posto, affidandosi ai vecchi, rassicuranti stilemi. Capita all’improvviso di trovarsi adulti, e di non sentirsi all’altezza. Di dover reagire “da grandi” di fronte ad avvenimenti per i quali ci si sente microscopici. Eppure – sorpresa! – Capitano anche i miracoli, esattamente allo stesso modo: le gioie che ti prendono alla pancia e stravolgono il tuo destino. Semplicemente, capita così. Un brano da pugni chiusi e lacrime negli occhi, semplice ma potentissimo, con gli archi che aprono uno special gridato, quasi esasperato.

3.     Mio fratello

Un brano con una tessitura armonica interessantissima e sonorità quasi beatlesiane. Una struttura insolita ricca di modulazioni, com’è ricco il set di strumenti coinvolti: pianoforte, hammond, archi, ottoni, cori, mandolino e, nel finale, un solo di sax. Brunori allegorizza le riflessioni con gli aneddoti sul fratello Alessandro che “sviene sempre” e ci ricorda che prendersi cura dei propri cari è la migliore terapia per curare anche noi stessi. Che spesso chi consideriamo “cattivo” è solamente qualcuno di molto solo. Le diverse sezioni del brano sono unite da intermezzi musicali multicolore, diversi tra loro ma ugualmente magici.

4.     Anche senza di noi

Un pezzo con delle sonorità importanti, da colonna sonora, che si apre con un vocalizzo che è poi il riff di tutto il brano, e che invita a darsi il giusto valore, indipendentemente da ciò che interessa al resto del mondo. Uno dei pezzi più spirituali del disco. Possiamo sentirci piccoli e invincibili, reagire e arrenderci, fare miracoli o il minimo indispensabile, ma la verità è che il mondo andrebbe avanti nonostante tutto e – in fondo – è un bel pensiero da accogliere. Una serena accettazione, terapeutica in un certo senso. Cori, pianoforte e interventi di slide guitar accompagnano tutto il brano, che culmina con un finale emozionante nel quale risuonano luminosi sonagli e armonici di chitarra.

5.     La canzone che hai scritto tu

Slide guitar e chitarra acustica, molto riverbero. Una canzone d’amore alla maniera di Brunori, che si sminuisce dicendo di non saper fare di meglio, quando in realtà riesce a fare il regalo più bello di tutti. In breve: “vorrei scriverti una canzone ma evito di dilungarmi con banalità descrittive e romanticherie viste e riviste. Ti regalo solo le mie parole e le mie note semplici, e rimetto a te la facoltà di scegliere. Puoi farne quel che vuoi”. E l’amore, in fondo, è esattamente questo. Il brano si anima nella coda con sonorità elettroniche e psichedeliche, abbinate bizzarramente – ma efficacemente – a ottoni con una linea dominante di basso tuba.

6.     Al di là dell’amore

È il primo singolo estratto dall’album: un canto etico e poetico a tre voci che, partendo da una riflessione sociale, si interroga sulla sempiterna contesa fra ciò che pensiamo sia Bene e ciò che pensiamo sia Male. La struttura del testo è costruita come alternarsi di stati d’animo in attrito, seppur armoniosi. Il primo canto, quello delle strofe, è un disincanto, un ribollire di sarcasmo spazientito, amarezza e rimpianto. Un’invettiva d’impulso contro quella parte di umanità che sembra aver perso per strada i suoi connotati fondamentali. Il secondo, quello dei ritornelli, è la voce di una saggezza antica che invita alla riflessione, al prendere distanza senza distacco, a guardare le cose da una prospettiva più ampia, panoramica, un invito a lavorare anzitutto su sé stessi piuttosto che limitarsi a scagliare ogni volta la prima pietra. L’esortazione finale “difendimi al di là dell’amore” si libra sopra i versi precedenti come una specie di preghiera laica. Il tentativo di sintetizzare in quattro parole un’etica intuitiva appannaggio di tutti, che prescinda dai torti e dalle ragioni, dalle ideologie, dai singoli punti di vista. Un comandamento d’amore espresso al di là dell’amore stesso. 

7.     Bello appare il mondo

Una ballata al modo di Brunori: incalzante, mai smielata, con un ritmo ternario e melodioso. Bello appare il mondo apre con la voce in primo piano, sorretta da chitarra acustica e interventi di mandolino, quasi a voler sottolineare musicalmente la bellezza delle cose semplici, genuine, raccontate nel testo. Nella seconda parte il brano si arricchisce e assume una struttura più corposa, che culmina in un ritornello cantabile che viaggia su diverse modulazioni. Un invito a lasciar andare risentimento e rancore, a non fissarsi su ciò che non si può cambiare, a non portarsi il proprio passato addosso come una zavorra e a tornare di nuovo a osservare il mondo in modo panoramico, grandangolare. Impossibile non unirsi ai nanana del cantautore nel finale, che improvvisamente si svuota e della delicatezza di carillon e voci di bimbi ti sbatte in faccia la verità: “la tua storia personale è una grande invenzione”. 

8.     Benedetto sei tu

Armonici acutissimi di archi e banjo, e poi all’improvviso basso e batteria, chitarre, fiati, cori, windchimes. Benedetto sei tu è una preghiera laica da cantare come un sol uomo, come un inno, che dichiara che la morale sta al di là delle confessioni religiose o delle convinzioni personali. Brunori riflette con ironia su temi delicati, esortandoci a risvegliarci dal torpore rassicurante delle persuasioni personali per coltivare un’etica vera. Il risveglio non è solo metaforico: il brano si chiude all’improvviso dopo un momento “celestiale” in cui i cori, puri, aperti, si librano fra interventi di tromba.

9.     Per due che come noi

Una canzone dolce, in cui la voce di Brunori è accarezzata da un arrangiamento ricchissimo, con una vera orchestra d’archi che si lega al pianoforte, alla celesta e a percussioni profonde. Un brano d’amore sincero, che alle parole più schiette e ironiche alterna una delicatezza senza eguali. Per due che come noi racconta la bellezza di un legame duraturo e trasparente, delle dinamiche psicologiche, non sempre sane, che inevitabilmente emergono in una relazione di lunga data, della difficoltà, ma anche della gioia di tenere in piedi le cose resistendo al soffio dei venti esterni.

10.  Fuori dal mondo

Un ritmo accattivante e stralunato, che al sapore tropicale abbina bizzarri suoni cartoon. Il cantautore passa in rassegna tutte le peculiarità di chi, (come lui?), si sente un po’ un pesce fuor d’acqua. L’hook nel ritornello “noi siamo fuori dal mondo” è irresistibile. Fuori dal mondo è l’inno dei sognatori che non smettono mai di vedere il mondo a colori, nonostante la società li voglia cinici e disincantati. 

11.  Quelli che arriveranno

Elegia per pianoforte e voce. Un brano struggente, che porta in superficie i sentimenti più profondi, anche se dolorosi. Achille è un bambino che non diventerà un adolescente e nemmeno un adulto, e ne è consapevole. Si chiede come sarà il mondo che lui non potrà vedere. Ancora una volta Brunori trasforma il dolore in poesia, l’accettazione della fine in una forma di fiducia per quello che arriverà e con un groppo alla gola chiude l’album trasportando l’ascoltatore in una dimensione dolce, delicata. 

Queste le date del Tour 2020:

Sabato 29 febbraio Vigevano – data zero

Martedì 3 marzo 2020 – Jesolo (VE) @ PalaInvent
Sabato 7 marzo 2020 – Torino @ Pala Alpitour
Venerdì 13 marzo 2020 – Assago (MI) @ Mediolanum Forum
Domenica 15 marzo 2020 – Casalecchio di Reno (BO) @ Unipol Arena
Sabato 21 marzo 20202 – Firenze @ Mandela Forum
Martedì 24 marzo 2020 – Ancona @ PalaPrometeo
Venerdì 27 marzo 2020 – Roma @ Palazzo Dello Sport
Sabato 28 marzo 2020 – Napoli @ PalaPartenope
Venerdì 3 aprile 2020 – Bari @ PalaFlorio

Domenica 5 aprile 2020 – Reggio Calabria @ PalaCalafiore

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