Bohemian Rhapsody: una notte all’opera
Bohemian Rapsody è il film sulla vita di Freddie Mercury e prende il nome dalla celeberrima canzone scritta proprio da Freddie e pubblicata nel 1975 nell’album “A night at the Opera”.
La sceneggiatura, che va dall’inizio degli anni 70 al 1985, presenta numerosi e vistosi adattamenti rispetto alla realtà. La vita di Mercury e la storia dei Queen è stata riscritta per creare una narrazione fruibile al pubblico del cinema con una premessa, un crescendo, un dramma, una conclusione. Questa scelta fa sì che lo spettatore si trovi immerso in un’opera drammatica che lo tiene a momenti col fiato sospeso. Il personaggio Freddie Mercury è dipinto come un Pinocchio super rockstar che vive al massimo ed al limite, pagando un prezzo umano altissimo per le sue scelte e riavvicinandoci ai propri cari alla fine del film.
Come ogni storia che si rispetti, c’è un cattivo che fa la parte del “gatto e la volpe”: Paul Prenter, manager personale di Freddie Mercury dal 1977 al 1986, che in varie interviste è stato dipinto in modo negativo da alcuni membri della band. In questo film ne troviamo il motivo, seppur molto romanzato. Altra figura chiave è Mary Austin, compagna dell’artista agli inizi degli anni ’70, prima che egli elaborasse la sua omosessualità; a Mary, che svolge il ruolo di “Fata Turchina”, Freddie dedicò la dolcissima ballata “Love of my Life”.
Il resto della band gioca un ruolo marginale nel film anche se le scene in sala di registrazione sono godibilissime e abbastanza vicine a come potevano essere nella realtà, liti, isterismi e slanci creativi compresi. John Deacon, bassista del gruppo, si ritirò a vita privata nel 1997 e nel film il suo personaggio non ha molto spazio, sebbene John e Freddie fossero molto legati. I personaggi di Brian May (chitarrista) e Roger Taylor (batterista) – produttori del film – hanno un maggiore ruolo nella sceneggiatura. Discutibile la scelta narrativa di dare a Mercury e ai suoi progetti solisti la responsabilità umana e artistica dell’allontanamento della band agli inizi degli anni ’80: il primo ad iniziare un progetto solista fu in realtà Roger Taylor nel 1977.
Impressionante è la somiglianza fisica e mimica degli attori ai loro personaggi, soprattutto Gwilym Lee nei panni di Brian May. Gli attori scompaiono e operano come mimi, al limite della caricatura, delle persone reali. Allo spettatore il giudizio personale sulla riuscita dall’operazione, tuttavia grandiosa nelle scene dei concerti. Il compito di Ramy Malek, che interpreta Freddie Mercury, era decisamente difficile e il risultato risulta poco fluido: per quanto egli riesca a mimare atteggiamenti e movenze, non restituisce a pieno il carisma del cantante in grado di dirigere i cori delle folle oceaniche.
Il momento di climax del film è il concerto benefico Live Aid del 1985, organizzato da Bob Geldof per raccogliere fondi per combattere la carestia in Etiopia. Il palcoscenico è stato perfettamente ricreato e gli attori si muovono esattamente come i Queen ed i cameramen si mossero nel 1985. L’audio privilegia la performance vocale di Freddie Mercury sulla musica che risulta leggermente più bassa: l’effetto è da brividi. Se il film non dovesse piacervi, questa scena vi riempirà il cuore di una voce imprecisa, sublime e appassionata.
Poco importa se la realtà è stata diversa dalla fantasia, con questo film Brian e Roger hanno voluto rendere omaggio al loro compagno e mostrare al mondo la sua parabola umana ed artistica attraverso una riscrittura della realtà. Per farlo hanno scelto di portare, un’altra volta, lo spettatore all’opera per una notte.