"Antigone DA / A studio sulla tragedia di Sofocle”, spettacolo diretto da Emanuela Rolla in scena al Teatro Garage- Sala Diana di Genova "Antigone DA / A studio sulla tragedia di Sofocle”, spettacolo diretto da Emanuela Rolla in scena al Teatro Garage- Sala Diana di Genova
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“Antigone DA / A studio sulla tragedia di Sofocle”, spettacolo diretto da Emanuela Rolla in scena al Teatro Garage- Sala Diana di Genova

"Antigone DA / A studio sulla tragedia di Sofocle”, spettacolo diretto da Emanuela Rolla in scena al Teatro Garage- Sala Diana di Genova "Antigone DA / A studio sulla tragedia di Sofocle”, spettacolo diretto da Emanuela Rolla in scena al Teatro Garage- Sala Diana di GenovaDebutta al Teatro Garage- Sala Diana di Genova il 14 e il 15 gennaio “Antigone DA / A studio sulla tragedia di Sofocle” , spettacolo diretto da Emanuela Rolla.

Uno  “studio” sulla tragedia di Sofocle, è tutta al femminile, 7 donne in scena per dare vita ai personaggi della tragedia sofoclea, nato da un lungo percorso laboratoriale partito quest’estate.

Avevo la necessità di condividere con una collettività un testo come Antigone, motivo per cui il laboratorio era aperto a professionisti e anche a non professionisti, per poter partire dalle parole dell’Antigone, proprio per mettere il focus sul significato che la tragedia- come opera teatrale-, aveva all’epoca di Sofocle, ovvero un ruolo comunitario, e solo l’atto di leggere insieme queste parole ci ha fatto capire quanto la tragedia sia attuale_ annota Emanuela Rolla.

Affrontare la tragedia fa paura, forse perché non siamo più educati, forse abbiamo dei preconcetti considerandola qualcosa di lontano da noi e obsoleto, ma condivido e faccio mie le parole della filosofa Simone Weill che diceva che nell’antichità la tragedia veniva letta dal popolo, ora invece da intellettuali e gente del mestiere, ma leggere la tragedia ci serve per empatizzare e se la nostra società l’avesse fatto non avremmo in parte i problemi che stiamo vivendo.

La tragedia è potente e eterna perché i personaggi sono carichi di umanità e trattano gli stessi temi e problemi nei quali l’essere umano si imbatte da sempre.

E proprio perché i problemi umani di allora sono gli stessi di adesso la tragedia, come genere teatrale, è eterna e tratta qualcosa che ci appartiene: la famiglia; rispetto il passato sono cambiati i dettagli circostanziali come il modo e il tempo della comunicazione.

La verità presente nella tragedia è sconvolgente, parole e sentimenti sono abbracciati e questa verità può essere dolorosa, devastante ma è verità.

Mi sono data un compito: stare appunto sulla verità e ricordarmi che queste grandi figure, con le quali ci siamo confrontati, sono prima di tutto persone.

Ho chiesto al gruppo, che mano a mano si è andato a delineare da solo, di esplorare e stare nell’esplorazione il più possibile, partendo da un lavoro senza orpelli, senza pensare alla messa in scena, abbandonando sempre più l’idea di dover “rappresentare” e dare invece forza e onestà al “vivere”, tornando a una essenza, lavorando sull’energia di un ascolto reale, di libertà, di ricerca e di trasformazione. 

Ho dato sempre solo una raccomandazione: un rigoroso ascolto fra noi e generosità di respiro di gruppo. 

Il fatto che abbia definito questa messa in scena “studio” ha a che fare su come ho sviluppato il lavoro: quell’ascolto fondamentale per dare spazio a queste parole e tutto il materiale prezioso, nato durante le esplorazioni, sono stati gli elementi fondanti per costruire questa messa in scena.

Infatti per esempio le due scene con Antigone e Ismene sono state impostate sulla duplicità: in scena contemporaneamente ci sono 2 Antigone e 2 Ismene e le battute non sono state divise, ho chiesto alle attrici di stare in ascolto puro e parlare solo in base alla relazione e alla tensione che si crea in quel momento preciso.

Perché il doppio? Perché c’è una Antigone coraggiosa e ostinata, ma c’è anche un Antigone fragile e totalmente senza corazza; c’è un Ismene timida e insicura ma c’è anche un Ismene che rivendica un ruolo mai avuto e forse da sempre desiderato.

Un’altra scelta che fa parte di questa idea di studio è quella di portare il pubblico ad essere attivo e partecipe facendolo interagire con alcune battute del Coro, che saranno proiettate, in modo tale da essere leggibili per tutti. L’atto di dover leggere delle battute, anche se solo silenziosamente e quindi soffermarsi su di esse, mi permette di trasmettere quell’idea che le tragedie erano per popolo, non per intellettuali, per il popolo.

In questa idea di studio, in uno spazio, presentato quasi nella sua nudità, si vedranno le attrici, passare da corpi corali neutri a diventare i personaggi semplicemente indossando a vista i pochi elementi presenti sulla scena. Insomma la cosa fondamentale è raggiungere una coralità sulla scena per dare voce e risonanza alle parole dell’Antigone.

Per me Antigone è il diritto alle lacrime.

Antigone lotta per un diritto, appunto il diritto alle lacrime.

Voltaire diceva “Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo”.

La figlia di Edipo, principessa di Tebe, la ribelle,  Antigone,  è forse l’eroina Tragica più conservatrice della Storia e che impartisce una lezione di libertà rivoluzionaria.

Sofocle ha l’intuizione straordinaria di portare ‘in scena’ il lutto femminile.

Antigone rivendica, per sé e per tutti, il ‘diritto di piangere’ e di portare il lutto pubblicamente, proprio per denunciare l’ingiustizia subita, come ‘donna’ e come ‘cittadina’, in una città diventata di colpo disumana che neanche più riconosce le leggi del cuore e in cui la ragion di Stato rischia, oramai, di sacrificare i diritti umani, gli Dei e l’uomo stesso.

Tutta la vicenda è costruita su una questione, che è il problema della non sepoltura del cadavere di Polinice, fratello di Antigone e Ismene. 

Creonte il nuovo re di Tebe, emana un editto con il quale vieta ogni rito di sepoltura e di pianto al corpo di Polinice, considerato da lui stesso nemico della città di Tebe.

Antigone non vuole sovvertire le leggi di Tebe, né impadronirsi del potere o consegnarlo ad altri. Esige soltanto che siano rispettate le norme della religione tradizionale, care agli Dei e antiche quanto il mondo, sulla sepoltura dei defunti. I Greci ritenevano, infatti, che il soffio vitale (psyché), essenza della persona, qualora il morto fosse rimasto insepolto non avrebbe potuto raggiungere l’Ade. Antigone, quindi, chiede solo il rispetto di una forma minimale di pietà religiosa e umana. Quella sufficiente perché lo spirito del fratello non debba vagare intrappolato in un mondo cui non appartiene più. E i suoi concittadini, i Tebani, sarebbero concordi nel concedere la sepoltura a Polinice, ma hanno paura di Creonte e non parlano; e così Antigone, coraggiosa, ostinata e da sola, riferendosi a Creonte e al divieto di seppellire il fratello, afferma: “non ha alcun diritto di impedirmelo”.

Il problema era quindi decisivo dal punto di vista etico, religioso e politico.

La colpa di Antigone è, allora, semmai quella di mostrarsi straordinariamente umana, incurante del giudizio degli altri, sola, nel perseguire quel suo diritto che ha che fare con le leggi del cuore e non della ragione. E quella sua ribellione ha un urlo di fondo come a dire che ciascuno di noi ha diritto di ‘restare umano’ e, dunque, vulnerabile. Continuare a vivere permettendo che il fratello resti insepolto equivale, per Antigone, a una lenta morte per perdita di dignità, perché non è vita quella che assume la forma di una prigionia della mente e di una servitù del cuore.

La colpa di Creonte, che almeno a parole, vuole essere un sovrano equilibrato e giusto e sostiene di desiderare per Tebe solo pace e stabilità, è mostrarsi  inflessibile nei propri propositi. 

Ma la vera preoccupazione del sovrano riguarda il proprio potere, che egli identifica con un assoluto controllo sulla vita civile e spirituale dei Tebani. Creonte ne è ossessionato al punto di diventare paranoico, sospettando della lealtà dei propri cittadini e addirittura del proprio figlio, Emone, promesso sposo di Antigone, rivelando così la sua natura dispotica.

La vera tragedia nell’Antigone è questa profonda incomunicabilità, radicalità dell’opposizione tra Creonte e Antigone: non si capiscono, non possono comprendersi, non possono ascoltarsi, e questo contrasto non ha soluzione.

 “Antigone DA/A studio sulla tragedia di Sofocle” è un’occasione per riflettere sui temi dei diritti; infatti in entrambe le giornate di repliche sarà presente in sala Amnesty Internationa-Liguria, con una campagna di sensibilizzazione.

INFO E PRENOTAZIONI

Tel. 010 511447

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