La storia del nobile Marcho, signore di Moruzzo, ultimo alfiere del Patriarcato di Aquileia, che si oppose strenuamente alla conquista del Friuli da parte della Repubblica di Venezia, unico fra i nobili friulani che nel 1420 rifiuta di piegarsi all’invasione. Una vicenda poco conosciuta che si svolge tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, della quale Giorgio Zanchini parla in studio con il professor Antonio Musarra, docente di Storia medievale all’università La Sapienza di Roma, a “
5000 anni e più. La lunga storia dell’umanità”, in onda giovedì 31 ottobre alle 21.10 in prima visione su Rai Storia.
Due, almeno, sono i significati di ciò che rappresentò il Patriarcato di Aquileia. Il primo è di carattere eminentemente religioso: fu l’organismo cristiano che sorresse le sorti della Chiesa nata ad Aquileia. Il secondo è riferito al potere temporale dei patriarchi, investiti fra il 1077 e il 1420 del rango di vassalli dell’imperatore sul territorio patriarcale, ossia quella che durante il basso medioevo verrà chiamata la ‘Patria del Friuli’. La prima delle due accezioni ne include una ulteriore, che guarda al Patriarcato come metropoli: sul calco della suddivisione dei poteri stabilita durante l’Impero romano, a partire dal IV secolo alla giurisdizione ecclesiastica aquileiese furono soggetti i territori della Venetia et Histria e quelli inclusi in una vastissima area estesa da Occidente, dalla confluenza del Mincio nel Po, fino al corso meridionale della Sava quando si immette nel Danubio ad Oriente, vale a dire alle antiche regioni della Raetia secunda, del Norico, della Pannonia prima e Pannonia Savia.
Questa enorme circoscrizione, fra le più vaste d’Europa, permase fino alla soppressione del Patriarcato nel 1751. Tuttavia, già durante il XIII secolo, il folto gruppo delle diocesi suffraganee si era ridotto: Mantova, Como, nell’attuale Lombardia; Trento; Verona, Vicenza, Padova, Treviso, Concordia, Ceneda, Feltre e Belluno nell’attuale Veneto.