2Days Prog +1 – Il finale di Veruno è elettronico con i Tangerine Dream
E così anche questa edizione del 2Days Prog +1 di Veruno (NO) si è conclusa, tra facce sorridenti, quelle che invece non avrebbero voluto che finisse mai e quelle che già, idealmente, guardano all’edizione 2023, annunciata per l’1-2-3 settembre.
Ma torniamo al 2022, per raccontare la domenica che ha visto esibirsi gli ultimi artisti di questa edizione.
Alle 18 hanno aperto i Seven Steps To The Green Door, band che ha visto il suo esordio nel 2006, al German Rock and Pop Awards. Il loro lavoro, sottolineato dai brani prescelti, è caratterizzato da melodie ricercate che coniugano generi molto diversi: dal metal al jazz, dall’elettronica a sonorità che strizzano l’occhio al pop. Il mix è un progressive “crossover” assolutamente gradevole, che il pubblico di Veruno ha mostrato di gradire moltissimo, anche a giudicare dall’insolita affluenza pomeridiana.
A seguire Kristoffer Gildenlöw, artista svedese conosciuto come bassista della band Pain of Salvation, con quattro album all’attivo come solista. Se è senz’altro vero che gli influssi dei Pain of Salvation sono evidenti, la caratterizzazione che l’artista riesce a conferire con la sua voce costituisce un valore aggiunto che viene apprezzato dai fan. Spesso il suo prog rock indulge ad atmosfere dark ed evocative, in cui la melodia sale in cattedra, costruendo un vero e proprio mood attraverso le sottolineature strumentali e, come già evidenziato, vocali. Il successo è stato leggermente inferiore rispetto al gruppo precedente, ma forse l’ora di cena ha distorto la valutazione.
Octavia Brown poi appare sul palco, fatina del prog, non per avverare un desiderio del pubblico, bensì di un artista. Infatti Andy Glass rivela ai presenti che venire al 2Days Prog +1 è un sogno che si realizza. Non male per stabilire un contatto positivo con il pubblico! Glass ha fondato nel 1980 i Solstice insieme al violinista Marc Elton. Attualmente il violino è prerogativa della bravissima Jenny Newman, abile e dotata anche nel controcanto, a supportare la lead vocalist Jess Holland, che va a sostituire a sua volta Emma Brown, che militava nella band dal 1996. Tanti gli elementi sul palco, a fare da specchio a una musica ricca e complessa. Talvolta il risultato è stato un po’ confusionario, quasi circense, di sicuro il pubblico ha mostrato di divertirsi sebbene si sia rivelato ritroso a un coinvolgimento più fisico.
La chiusura è stata appannaggio dei Tangerine Dream, tedeschi in attività dal 1967, capitanati per lunghissimo tempo dal fondatore Edgar Froese e ora perpetuati dal fedelissimo di Froese, Thorsten Quaeschning, accompagnato da Hoshiko Yamae e Paul Frick. Di recente pubblicazione l’album Raum, con cui hanno recuperatodagli archivi di Froese alcune idee mai realizzate. I Tangerine Dream sono sempre stati considerati un gruppo pionieristico per quanto riguarda l’utilizzo della tecnologia nella musica, realizzando tracce elettroniche suggestive e talvolta così psichedeliche da risultare impressionanti. Due ore di spettacolo nel quale gli effetti visivi hanno magnificamente accompagnato le espressioni dei sequencer, con una precisione quasi chirurgica dell’esibizione. La postura ha vagamente ricordato i Kraftwerk e non poteva essere diversamente. Pubblico rapito e attento. Peccato per la scelta discutibile del bis, pur richiesto a gran voce dalla platea: un brano di circa venti minuti e dall’altissimo contenuto psicotropo, che ha lasciato un po’ di sconcerto. Ma forse era solo l’ora tarda e la sensazione di un festival che stava finendo.