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La luna storta di Francesco Tozzi – La Bellezza

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La Bellezza

  • Sembri d’Annunzio. Sei un po’ fascio tu, eh? Dovevo immaginarmelo. Eppure mi piaci, non so perché.

E mi carezza la testa, il viso. Ha le mani, anzi le dita, piene di tatuaggi, la pelle scura scura anche a Dicembre, e quando camminiamo sul bagnasciuga tutte le ragazzine guardano con invidia il suo corpo arabo, i suoi occhi ucraini.

  • “Fascio”? Perché?

  • Ma sì, questa tua propensione eroica, quel teschio che porti al collo…

  • Tu come ti senti adesso?

  • Bene.

  • Allora che ti frega di come sono, di cosa sembro?

Prende il mio ciondolo fra le mani, lo guarda, mi guarda, e poi:

  • Che vuol dire?

  • Che l’Uomo ha il dovere di stringere la bellezza fra i denti in presenza della morte.

  • E la donna?

  • Anche la donna.

Tace. Sospira. Mi guarda.

  • Dovrei ignorare questa cosa.

  • Quanta paura dietro l’indifferenza, tesoro mio.

Adesso mi picchia, penso. Oppure farà come quell’infermiera che mi tirò addosso una bustina di zucchero (chiusa) dicendomi: “sei un uomo amaro”.

La bellezza, mi chiedo mentre quella continua a parlare, dov’è, dove si trova? Dove la trovo? Dove la posso trovare?

Eccomi accanto a Qualcuno che la bellezza pare portarsela stretta in una quarantina/cinquantina di chili; affondata in un paio d’occhi che ci vorrebbe il porto d’occhi, celata solo da un paio di straccetti cilestrini.

Ma è vera Bellezza, quella?

No, mi dico. La Bellezza, per me, è lontana centinaia di chilometri.

Vive in un piccolo paese dove non c’è il mare, uno di quei piccoli paesi in tutto simili al S. Martino del Carducci.

Una Bellezza francescana, che sa di pane azzimo, olive e un bicchiere di vino.

Una Bellezza insperata, una di quelle che si trova solo nei libri di Federigo Tozzi: vera, cruda, selvaggia.

La Bellezza non possiamo averla a portata di mano; non può fare invidia a nessuno, la Bellezza è incomprensibile.

Perché è nostra. Basta.

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